IL PUGILATO A CUBA

Una tradizione radicata

La boxe è uno sport molto popolare a Cuba: dei 99.000 atleti cubani, almeno 19.000 sono pugili, inclusi 81 di livello olimpico, anche se solo 12 di loro compongono la squadra ufficialeLa boxe è arrivata per la prima volta a Cuba come attrazione turistica, prevalentemente legata alle finali di campionato tra pugili nordamericani disputate in alta stagione turistica. Nel 1909 L’Avana vide disputarsi il suo primo incontro professionistico. Nel 1910, un cileno di nome John Budinich fondò la prima Accademia di boxe. Due anni dopo il governo proibì il pugilato a causa della violenza di strada tra bianchi e neri. Gli incontri di boxe si fecero a porte chiuse, dato la popolarità ormai raggiunta da questo sport in tutta l’isola. Nonostante il divieto dell’epoca, per le classi sociali inferiori la boxe era un ottimo modo per sfuggire alla povertà e una forma di intrattenimento sicura ed affidabile.Rendendosi conto della situazione, il 13 dicembre 1921 Cuba decise di dare una seconda possibilità alla boxe, legittimandone la pratica e fondando la Commissione Nazionale per il pugilato ed il wrestling.Ovviamente, la cancellazione del divieto riportò a Cuba il denaro dei turisti che pagavano per gli incontri.Anni dopo fu fondata un’Accademia nazionale di boxe per allenare atleti di talento e nel decennio successivo fu disputato il Guanto d’Oro, competizione pugilistica amatoriale.Prima del 1959 Cuba aveva 6 campioni del mondo professionisti considerati i padri fondatori della boxe ed eroi nazionali dell’isola. Tra questi: Gerardo “Kid Gavilan” Gonzales, Benny Paret ed Eligio “Kid Chocolate” Sardinas. Nonostante la promessa di ricchezza, i pugili cubani che guadagnarono molto denaro sul ring morirono quasi tutti in povertà. Alcuni di loro erano persino legati alla malavita e ad altre forme di corruzione.La reputazione pugilistica dell’isola attirò anche atleti stranieri come Jack Johnson, Jack Dempsey, Jess Willard, Joe Louis, Joe Brown e Sugar Ray Robinson.Sebbene Cuba abbia fatto tradizionalmente bene nel pugilato professionistico, non vinse nessuna medaglia olimpica fino a dopo il 1959 a causa delle considerevoli risorse indirizzate allo sviluppo degli atleti dopo la rivoluzione cubana.Nel 1960, il pugile professionista Benny Paret vinse il titolo mondiale pesi welter e guidò un nutrito contingente di boxeurs professionisti cubani che vinsero un primo posto ai giochi del 1954 (preceduto da due medaglie che gli valsero il quinto posto ai precedenti giochi), posizione che mantennero in tutti i successivi Giochi dell’America Centrale. Nei Giochi Panamericani, in cui la competizione era maggiore, i pugili cubani portarono a casa ottimi risultati, in particolare dal 1960 in poi. L’alto standard internazionale cubano era evidente in campo olimpico.Nel 1961, il governo rivoluzionario proibì nuovamente la boxe, insieme ad altri sport. Nonostante ciò, Cuba costruì una propria reputazione nella boxe amatoriale. Alle Olimpiadi d’estate del 1968, Cuba vinse due medaglie d’argento. Alle fortemente sabotate Olimpiadi di Mosca del 1980, gli atleti cubani fecero terra bruciata vincendo dieci medaglie, di cui sei d’oro. Alle Olimpiadi d’estate tenutesi a Barcellona nel 1992 i cubani superarono loro stessi con sette ori e due argenti.Entro il 1980 i cubani dominavano in tutte le principali competizioni amatoriali, incluse le Olimpiadi.Nell’arco della sua storia olimpica, Cuba vinse 37 medaglie d’oro (73 in tutto) nella boxe, guadagnando il secondo posto nella classifica delle medaglie di tutti i tempi. E’ l’unica nazione ad avere due campioni per tre volte vittoriosi alle Olimpiadi: Teofilo Stevenson e Félix Savòn.L’influenza straniera contribuì allo sviluppo della boxe amatoriale. Prima che Fidel Castro salisse al potere nel 1959, i successi cubani nel campo erano piuttosto scarsi, con componenti dello stile di combattimento cubano presi a prestito dalla boxe professionistica americana. Dopo la Rivoluzione, l’influenza dello stile dell’Europa dell’est sostituì quella americana. Il sovietico Andrej Chervonenko allenò Teofilo Stevenson, e, come lui, l’europeo Vasili Romanov fece lo stesso con altri atleti.Il governo cubano usò lo sport come mezzo per mettere in mostra i successi del socialismo e vincere medaglie in competizioni internazionali divenne un metodo di spicco per promuovere gli ideali della nuova Cuba. L’Unione Sovietica inviò l’affermato allenatore di pugilato Andrej Chervonenko per aiutare nella formazione dei pugili cubani in modo da supportare il raggiungimento degli obiettivi dei confratelli socialisti. Insieme al cubano Alcides Sagarra, Chervonenko aiutò nello sviluppo di un programma di reclutamento e allenamento globale e nazionale basato sul modello sovietico. Alcide Sagarra divenne il principale allenatore di pugilato di Cuba nel 1960 e, nel 2001, passò il suo ruolo a Sarbello Fuentes.Il programma pugilistico amatoriale cubano inizia, insieme a quello di altri sport, durante la scuola elementare. Gli sport sono considerati una forte priorità nel sistema educativo nazionale in modo da riconoscere e portare avanti qualsiasi potenziale atleta.Dall’età di dodici anni, giovani talentuosi vengono mandati in scuole specializzate nelle quali possono concentrarsi sul potenziamento delle loro abilità. Da lì in poi, i pugili si allenano nell’ambito di un programma giovanile molto competitivo. Coloro che si diplomano vengono mandati nell’ottima scuola di Wajay, dove si esercitano su tecniche avanzate. Il supporto dello stato è di cruciale importanza per l’avanzamento dell’altamente specializzato programma pugilistico.Il pugile amatoriale Teofilo Stevenson, che vinse tre medaglie d’oro olimpiche nel 1972, nel 1976 e nel 1980, contribuì grandemente a Cuba ed alla boxe cubana. E’ parimenti conosciuto per la sua sportività, per la quale ricevette, nel 1989, il premio Pierre de Coubertin dell’UNESCO per il Gioco Leale. Dopo essersi ritirato nel 1986, Stevenson ha lavorato sia nel Parlamento cubano che come vice presidente della Federazione Pugilistica Cubana.Dopo una carriera di combattimenti per la propria nazione, la maggior parte dei cubani rimane nel mondo dello sport, molti come amministratori o allenatori. Con questo metodo l’esperienza e la conoscenza sono tramandate alla successiva generazione di atleti.